IL MUSEO DI CAMPAGNANO E’:
MAP: MUSEO ARCHEOLOGICO DEL PELLEGRINO
COME ARRIVARE: (possibile arrivare con l’automobile)
Partendo dall’uscita della Cassia Veientana, mantenendo la destra proseguite seguendo i cartelli per Campagnano. Andate sempre dritti e dopo circa 4km arriverete in piazza. Alla prima rotonda andate dritto prendendo la seconda uscita, e su questa strada, guardando a sinistra noterete un cancello grande che fa da entrata ad una discesa. Quella è l’entrata del Museo, che troverete a destra una volta scesi a piedi. Potete parcheggiare dove volete la vostra auto all’esterno.
Il Museo Archeologico del Pellegrino è stato istituito nel 1989 a seguito della campagna di scavi e dei grandi rinvenimenti effettuati nella Mansio di Baccano, la stazione di posta dell’epoca romana posta sulla via Cassia. Nella sua attuale collocazione, il MAP è stato inaugurato il 21 Maggio del 2022, dopo aver traslocato da Palazzo Venturi. Il luogo è un’esposizione di reperti archeologici strutturati con l’intento di creare un parallelismo con i viaggi dei pellegrini lungo la via Francigena. I reperti esposti infatti, raccontano anche la storia del territorio e la viabilità delle antiche vie romane come la Cassia, la Flaminia e l’Amerina.
All’interno tra le altre cose, una zona è dedicata interamente alla Mansio ad Vacanas e ai pezzi ritrovati durante gli scavi.
LA NOSTRA ESPERIENZA

Avevamo lasciato in stand-by questa pagina, in attesa della riapertura del Museo, in quanto il vecchio era stato chiuso per essere traslocato altrove, da molto tempo. Finalmente siamo riusciti ad andarci per ammirarne il suo contenuto! Ci teniamo a precisare che quando abbiamo visitato il Museo (aprile 2022) l’entrata era gratuita, ma consigliamo di contattare il museo per informarsi se sia ancora così tramite il numero presente sulla pagina del comune di Campagnano di Roma dedicata al museo.
Prima di ogni cosa, ci teniamo a ringraziare il responsabile, il Sig. Michele Damiani, per averci accolto e spiegato nel dettaglio tutto quello che si poteva vedere.
Il Museo è stato collocato all’interno di un locale molto suggestivo, un tempo adibito a stalla che mantiene le sue originali forme sapientemente rimodernizzate per valorizzarne lo spazio e l’uso.

Nella prima zona del Museo, la cosa che dà subito all’occhio sono 10 grosse anfore, ancora praticamente integre a parte un paio. Si trovano sul lato sinistro (visibili da questo lato solo le prime 7, mentre le altre 3 si vedono facendo il giro da dietro, continuando il percorso obbligatorio). Il loro pannello informativo, si trova sull’altro lato dell’area, visibile in seguito insieme alle restanti 3. Da qui è possibile leggere che sono state trovate nel 1964, per motivi sconosciuti però sono prive del contesto del rinvenimento. Sono databili tra il I e il II sec. d.C. ed erano usate per il trasporto del vino.

Sulla prima vetrina invece, sono esposti dei reperti che arrivano dalla Tomba del Quarticciolo, scoperti nel 1985 durante dei lavori agricoli, e portati poi al vecchio museo. Il sito del ritrovamento si trova lungo la costa dell’antico Lago di Baccano, oramai prosciugato. Le date di questi reperti risalgono a partire dal 730 a.C. fino al 675 a.C.
Le armi esposte indicano l’appartenenza ad un guerriero di sesso maschile, probabilmente ricco. Mentre invece il resto dei reperti come le coppe, i piatti, e i coltelli, sono legati a pratiche funerarie in onore del defunto. Abbiamo apprezzato particolarmente lo stato di conservazione di una coppa, ancora ben definita nonostante la sua età! L’elemento in ferro ricurvo invece, potrebbe essere un lituo, uno strumento cerimoniale, oppure essere parte di un carro da parata. Interessanti anche i vari coltelli, utilizzati come armi.


Subito oltre, troviamo l’esposizione di alcuni reperti rinvenuti nell’area archeologica all’interno del circuito di Vallelunga (cercheremo quanto prima di portarvi la nostra esperienza anche di quest’area archeologica, purtroppo ancora impossibile da visitare).
Alcuni pezzi provengono da corredi funerari, rinvenuti all’interno di una tomba, databili 630 a.C. – 580 a.C. circa. Si tratta di vasi utilizzati per il consumo del vino. Qui si nota subito un cambio di materiale utilizzato in parte per questi pezzi. Si tratta del bucchero, un tipo di ceramica nera lucida usata dagli Etruschi. Particolarmente interessante a nostro modo di vedere, l’anforetta in bucchero con evidenti difetti di cottura. Bellissimi invece i grossi vasi al piano inferiore della vetrina, con ancora i loro disegni ben definiti che a quanto pare raffiguravano cani correnti, con raggi e linee ondulate.



La prossima vetrina ci mostra ancora una volta una magnifica esposizione di arredi in bucchero, per lo più calici e anfore prettamente di color nero lucido, a parte 2 reperti che si distaccano dagli altri.

La vetrina che segue, ci mostra invece altri reperti provenienti da un insediamento romano presso il sito di Vallelunga, databili dal III sec. a.C. fino al III sec. d.C. Molto belli i frammenti di ciotole in vernice nera e le classiche anfore dell’epoca. Da notare come venne già abbandonato l’utilizzo del bucchero.

Continuando, si arriva a fare un’inversione a U, e in questo punto è presente un cippo terminale, che serviva per delimitare il confine di un’area. Questo reperto in marmo bianco, è databile tra il I e il II sec. d.C. ed è stato rinvenuto in località Monte Lupoli. Non è ben chiaro però per quale area fu utilizzato.

Sempre nella stessa zona, troviamo i resti di un’antica macina, in pietra vulcanica, rinvenuta negli scavi di Vallelunga. Veniva utilizzata per produrre farina e macinare grano, a testimoniare le attività agricole svolte durante l’età romana.
Lì vicino, troviamo particolarmente interessante l’esposizione di una strana lastra di marmo. A vederla così sembra un normale pezzo di marmo, ma leggendo l’iscrizione viene spiegato come quest’ultima venisse utilizzata come orologio! Rinvenuta in località Baccano, è del tipo “pelecinum” ossia a forma di doppia scure. In origine era composto da 2 lastre messe a forma di libro aperto, sormontato da un’asticella. Conserva ancora le linee utili a capire l’orario giornaliero. Messo in un determinato punto, riusciva a calcolare orientativamente l’orario ai romani, grazie alla posizione dell’asticella che proiettava l’ombra in momenti precisi della giornata.

La prossima area ci pone alle spalle delle vetrine precedenti, con ulteriori pezzi di storia da osservare, come ad esempio delle antiche monete, una piccola statuetta raffigurante un volatile, e delle piccole lampade che ricordano quella da dove esce il famoso “genio della lampada”.



Da questo punto (dove è possibile vedere le restanti 3 anfore del gruppo visto all’inizio), si accede tramite una porta ad arco, alla seconda area del museo. Qui a farla da padrone è chiaramente un mosaico enorme. Questo splendido reperto, raffigurante dei pesci, fa parte del fondale di un impianto termale romano. Questi ultimi infatti avevano l’abitudine di costruire mosaici con pietre generalmente di marmo, raffiguranti pesci, o comunque divinità marine che rappresentassero l’acqua come ad esempio i tritoni. In questo caso si può notare la somiglianza con un delfino, guardando il muso affusolato. Questo pezzo è databile tra il II e il III sec. d.C.


In questa stessa stanza, è possibile vedere una vetrina con dozzine di piccoli reperti recuperati dalla Mansio ad Vacanas, databili tra il I e il II sec. d.C. Si tratta di piccole anforette, vasi e coppe di vario genere.

Un’altra vetrina che colpisce la nostra attenzione è sicuramente quella che mostra degli anelli, rinvenuti sempre nella Mansio. 2 in particolare sono ancora ben conservati, entrambi in bronzo. Il primo di colore più marroncino e quadrato, è databile III – IV sec. d.C. in cui si vede chiaramente una figura umana. L’altro invece più grigio rispetto al precedente e tondo, raffigura sempre una figura umana con un bastone sulla mano sinistra, ed è databile tra il I e il II sec. a.C.

Nel ripiano sotto, sono presenti molti pezzi di bigiotteria in bronzo, databili dal I sec. a.C. al V sec. d.C. mentre ancora sotto sono presenti pezzi per uso cosmetico e medicinale risalenti sempre allo stesso periodo.

Un pezzo molto importante del museo, risulta essere il comignolo, in condizioni davvero eccellenti dopo la sua ricostruzione. Funzionava come sfiatatoio per il vapore acqueo nell’impianto termale della Mansio ad Vacanas.

Proseguendo nella prossima stanza, si passa ad un’altra piccola area dove sono esposti altre decine di reperti molto interessanti. Superata la porta, sulla sinistra è impossibile non notare una bellissima lastra marmorea raffigurante un fanciullo. Si tratta precisamente del sostegno di un tavolo (trapezoforo) ritrovato sempre nei pressi della Mansio. E’ databile tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.

In questa stessa stanza è conservato il reperto che più ci è piaciuto. Si tratta di una spada in ferro ancora in buone condizioni, anche se priva di punta, databile al III sec. d.C. Lì accanto c’è anche una punta di freccia perfettamente riconoscibile, risalente all’età imperiale. Interessanti anche alcuni pezzi di serrature di porte con relativa chiave sempre risalenti tra il I sec. a.C. e il V sec. d.C.
Di particolare bellezza anche la scalinata che porterebbe alla cantina della vecchia stalla, forse risalente al XVII – XVIII secolo, purtroppo però non accessibile.


Altre vetrine, altri pezzi di storia. Tra i più interessanti a nostro modo di vedere, il bronzetto che raffigura Giove (I-II sec. d.C.), e una zampa di un felino in marmo, risalente all’età imperiale.
Una piccolissima stanzetta vicina riporta alla luce invece decine di monete, di cui la più antica in argento di Marco Antonio, risulta essere del I sec. a.C. Qui sono esposte anche delle pietre e dei dadi, presumibilmente facente parte di una tavola da gioco romana (I sec. a.C. – V sec. d.C.) Abbiamo trovato interessante la spiegazione sul pannello informativo delle regole precise di alcuni giochi dell’epoca.



In una vetrina ci sono i reperti che sono stati ritrovati nella Necropoli di Capocroce, risalenti dal I sec. a.C. al VI sec. d.C. Si tratta per lo più di reperti trovati nelle tombe dell’epoca, tra cui anche un orecchino d’oro.
Continuando nell’unica direzione possibile, si arriva all’ultima stanza del museo, un corridoio che ci ricollega all’entrata. In quest’area sono presenti alcuni cippi funerari, dove vengono citati probabilmente degli schiavi. Il primo risalente al III sec. d.C. risulta essere il sepolcro di una certa “Melca”, sorella di 2 fratelli, Giustino e Sabino che costruirono il cippo. Si ipotizza che siano di origine medio-orientale o africana. L’altro cippo invece è stato costruito da un tale di nome Theseus, per la moglie Felicula. Questo cippo risale invece al II sec. d.C.


Inoltre è presente un altra lastra funeraria, appartenente ad un certo Andrea, morto nel Settembre del 1606, fatta costruire dai figli Iacobo e Rocco. Potrebbe essere stata parte della Chiesa di Sant’Andrea. Poco oltre un’altra vetrina mostra decine di pezzi di ceramica rinvenuti in Località Cappelluzza, molto più recenti rispetto al resto del museo.


Da qui ci si ricongiunge all’entrata, dove finisce la nostra visita al MAP. Il museo è davvero molto carino a livello estetico, e secondo la nostra opinione è stata scelta una bella location per la sua costruzione. Le foto non rendono giustizia alla bellezza di questi reperti, consigliamo di visitarlo di persona per poter ammirare i suoi “tesori” nelle loro infinite sfumature e particolarità, ne vale assolutamente la pena! Se proprio dobbiamo trovare un difetto, avremmo apprezzato maggiore attenzione nella scrittura dei pannelli informativi, dove sono presenti più di qualche errore a livello grammaticale, che comunque sono errori perdonabili al cospetto di tanta bellezza storica esposta.
Ringraziamo ancora una volta il Sig. Michele Damiani per averci accompagnato come guida, raccontandoci al meglio tutto il possibile sulla storia dei reperti trovati nei territori del comune di Campagnano di Roma.